GENOVA – CONSEGNATO OGGI AL TEATRO DUSE IL XV PREMIO IPAZIA ALL’ECCELLENZA AL FEMMINILE A CONCITA DE GREGORIO

Genova, 14 maggio 2025 – Consegnato oggi alla giornalista e scrittrice Concita De Gregorio il XV Premio Ipazia all’Eccellenza al Femminile, attribuito negli anni alle donne che si sono distinte nel miglioramento culturale, sociale ed economico del proprio Paese, partecipando ai processi di pace e democratizzazione e al raggiungimento dei diritti femminili. La cerimonia ha avuto luogo al Teatro Duse – Teatro Nazionale di Genova, condotta da Consuelo Barilari, ideatrice e direttrice del Premio e del Festival dell’Eccellenza al Femminile di cui è il cardine. lei stessa anima. La XXI edizione del Festival sarà realizzata in residenza al Teatro Nazionale di Genova dal 15 ottobre al 12 dicembre 2025.

Concita De Gregorio ha ripercorso la sua carriera, in dialogo con il direttore del Teatro Nazionale di Genova Davide Livermore e con Sergio Cofferati. Proprio in questi giorni esce il suo ultimo libro “Di madre in figlia”, edito da Feltrinelli, che Concita De Gregorio ha annunciato di voler portare a teatro. Nel corso della serata Antonella Loliva, ex allieva della Scuola di recitazione “Mariangela Melato”, alla chitarra e alla voce ha eseguito tre canzoni: “Siboney”, il brano preferito dal padre di Concita, e “La Llorona” di Chavela Vargas. Per la Regione Liguria era presente Daniele Biello, dirigente dell’Assessorato alla Cultura. Per il Comune di Genova l’assessora alla Cultura Lorenza Rosso. In sala era presente la candidata sindaca Silvia Salis.

IL LUNGO APPLAUSO DEL PUBBLICO LE PAROLE DI CONCITA

Il lungo applauso del pubblico, circa duecento persone, ha accompagnato Concita De Gregorio dalla poltrona al palcoscenico. Sergio Cofferati ha parlato della sua lunga amicizia con Concita De Gregorio: “Concita è tante cose: giornalista, scrittrice, attrice, conduttrice: è un’intellettuale. È molto importante che il Premio di quest’anno tenga conto di questo profilo culturale e intellettuale”. “Benvenuta – ha aggiunto Davide Livermore – a chi sa raccontare la storia delle persone”. “Grazie a tutti – preso la parola Concita De Gregorio – per le parole bellissime con cui mi avete presentata. Ogni volta che torno a Genova è una grande emozione. Qui ho vissuto un momento di svolta nella nostra storia. Ero qui nel 2001. Per molti anni ho testimoniato in tribunale sui fatti del G8 e sono tornata qui tante volte. Per me Genova è una città dell’anima. Noi conteniamo moltitudini. Noi prendiamo un’autostrada principale e non ci sono svincoli, finché siamo impegnati nel lavoro. Ma dentro ognuno di noi ha dentro di sé molte altre cose, rispetto a quel lavoro. Io volevo diventare pianista e studiavo con una maestra cattivissima, Maria Tipo. Abbiamo iniziato in 14 e siano rimasti in 2. Alla fine mi ha detto: “Be’, potresti essere una buona insegnante di piano”. Allora badavo ai fratelli, studiavo e facevo il mio dovere. Da giovane sono stata vecchia e ora posso tenere sveglia la me stessa adolescente con la leggerezza che non ho avuto in quegli anni. Studiano il pianoforte ho affinato molto l’attitudine all’ascolto, in quegli anni. Mio padre quando andavamo al ristorante ci raccontava la vita di chi sedeva agli altri tavoli. Mi sono resa conto molto dopo che inventava tutto, ma io pensavo che fosse vero. Mi è rimasta questa attitudine. La scrittura è musica ed è anche corpo. Ho iniziato a scrivere con la stessa postura di quando ero seduta al pianoforte. Volevo cantare le voci delle persone di cui avevo ascoltato la storia”. Poi ha aggiunto: “Vorrei concludere parlando con il teatro. Vivevo a Pisa e lì vicino, a Pontedera, c’era un teatro di ricerca guidato da Jerzy Grotowski. Io lo frequentavo e sognavo di fare un musical, di stare sul palco. Quando l’autostrada del lavoro è finita, ho ripreso quel filo e sono tornata alle passioni dell’adolescenza. Sono tornata sul palcoscenico. Il teatro è un rito collettivo che si fa con i corpi, così importante di questi tempi. Il teatro cura perché ti porta fuori da te. Uscire da sé è sempre molto utile, è sempre una salvezza. Quando sono stata male, il teatro era l’unico posto dove mi sentivo bene. Era meglio del cortisone”.

Davide Livermore le ha chiesto di parlare della sua esperienza durante il G8. “Io mi trovavo dentro alla scuola Diaz – ha risposto De Gregorio – Ero stata in piazza Alimonda tutto il pomeriggio. Mi ero messa in ascolto, seduta sui gradini della chiesa e una delle persone a cui avevo dato il mio numero di telefono, mi ha chiamato alla Diaz proprio quella notte, perché stava succedendo qualcosa. Per questo ero lì. Ho visto tutto con i miei occhi e da quell’articolo è diventata la prima testimonianza su quella notte. A me questo ha cambiato la vita”. “Un’altra mia ossessione – ha aggiunto Concita – è la perdita dei cognomi matrilineari. Nessuno sa i cognomi delle proprie antenate donne andando molto indietro con le generazioni. Invece si riesce a ricostruire la linea di discendenza paterna con molta più precisione. Se lo sapessimo, scopriremmo che siamo tutti parenti e tutti stranieri”.

Sergio Cofferati l’ha invitata a parlare dell’astensionismo e così ha risposto: “Invitare a non andare a votare è un delitto politico. I nostri nonni sono morti perché noi andassimo a votare. Le nostre nonne non potevano votare. Se il popolo non esercita la sovranità, i sovrani diventano dittatori. Dipende da noi”.

Concita ha concluso: “Avevo detto che sulla lapide avrei avuto scritto: Lavorò 60 anni senza mai avere vinto un premio. Perché mi piace il percorso netto. Ma per il Premio Ipazia ho fatto un’eccezione. Lo ricevo con grande onore e gratitudine”.

La redazione