SANREMO – INAUGURATA LA MOSTRA FOTOGRAFICA “100 DONNE PER LA STORIA”

Nel pomeriggio di  Martedì 24 settembre 2019, presso il Foyer di Porta Teatro del Casino di Sanremo

in occasione del Centenario della Fondazione di Zonta International, i Club dell’Area 03 del Distretto 30 hanno organizzato la mostra fotografica “100 Donne per la storia” per onorare  donne coraggiose e uniche del periodo 1919-2019. Donne che lasciano il segno , ispirando altre donne e interi popoli. Sono tre i Club del Ponente Ligure , Zonta Club Imperia, Sanremo e Ventimilgia / Bordighera.

Per Imperia sono in esposizione le foto di Eva Agnesi e Ernestina Torricelli Tessitore, per Sanremo le foto di Eva Mameli Calvino, madre del celebre Italo Calvino e Evelina Cristel, e per Ventimiglia / Bordighera con Margaret Serecold Berry e Irene Brin.

Per l’occasione abbiamo intervistato la dott.ssa Gisella Merello appartenente allo Zonta Club di Ventimiglia / Bordighera.

MARGARET SERECOLD BERRY (1867-1957)  

Nata a Londra nel 1867, svernava ogni anno a Bordighera nella villa di famiglia. In queste occasioni conobbe il giovane Edward Berry che sposò nel 1898. Berry era il nipote di Clarence Bicknell, studioso a cui la città di Bordighera deve molto.

Il marito di Margaret fondò la “Banca Berry”, in un momento che la Riviera di ponente stava cominciando a vedere un afflusso sempre crescente di stranieri, specialmente inglesi.

La casa coniugale di Margaret, Villa Monteverde, divenne un polo culturale, dove molti intellettuali e filantropi si incontravano. La ricca rete di conoscenze era favorita anche dall’attività di vice console britannico di Edward.

Per decenni i coniugi Berry dedicarono i loro giorni di vacanza a fare lunghi percorsi a piedi per i villaggi e lungo le mulattiere per raccogliere materiale sulle tradizioni e sui monumenti dell’estremo ponente ligure. Tali esplorazioni e studi sfoceranno in una guida storico-artistica della Liguria di Ponente, intitolata “Alla Porta occidentale di Italia” e pubblicata da Margaret in inglese a Londra per merito degli amici Cecil e Daniel Hanbury un anno dopo la morte del marito.

Nel 1923 Margaret e il marito erano riusciti con un Regio Decreto a sancire la fusione dei due istituti culturali inglesi di Bordighera (Museo Bicknell e della Biblioteca Internazionale, fondate da Clarence) in un solo ente morale.

Dopo la morte di Edward, nel 1932-33 era stato creata ad Albenga la Società storica archeologica ingauna e intemelia, a cui Margaret aderì con entusiasmo pensando che potesse essere l’organismo giusto per ereditare il patrimonio culturale lasciato dallo zio.

Con l’avvento del fascismo gli inglesi non erano più considerati ospiti graditi pertanto Margaret decise di ritornare definitivamente in Inghilterra lasciando nel 1937 il museo Bicknell e il suo contenuto al prof. Nino Lamboglia, direttore della Società citata.

La Berry, andando con coraggio contro corrente, si rese conto della necessità di lasciare il patrimonio ad un’istituzione italiana, causando forti dissapori tra l’esigua comunità inglese rimasta, che non intendeva vedere circoscritto il potere britannico.

Il Museo Bicknell nel 1947 diventerà parte dell’Istituto Internazionale di studi liguri e tuttora prosegue le sue attività di studio e di conservazione, incrementando il patrimonio lasciato da Bicknell e dai Berry.

IRENE BRIN (1911-1969)

Nata a Roma da una famiglia originaria della frazione Sasso di Bordighera, il suo vero nome era Maria Vittoria Rossi.

La sua famiglia era molto effervescente dal punto di vista culturale: il padre, Vincenzo Rossi, era generale di corpo d’armata, autore di pubblicazioni di carattere militare; lo zio Francesco Rossi era stato sindaco di Bordighera mentre il cugino era Paolo Rossi, Ministro della Pubblica Istruzione dal 1955 al 1957 e primo Presidente della commissione antimafia nel 1963.

Da ragazza chiamata da tutti Mariù, aveva lasciato la scuola al ginnasio perché era figlia di madre ebrea: i genitori previdenti finsero di scegliere di ritirarla piuttosto che essere costretti a farlo. Insieme alla sorella, venne istruita dalla madre, donna di cultura straordinaria.

Irene Brin, lo pseudonimo più usato, le era stato coniato da Leo Longanesi, quando giovanissima incominciò a collaborare con il settimanale “Omnibus”, per conferirle un tono più sofisticato rispetto alla banalità del suo vero nome e cognome. Dei suoi esordi è memorabile un commento di Luigi Pirandello che di lei disse: “Brava Mariù, farai carriera”.

Con un abito Fabiani stregò perfino la famosa Diana Vreeland che, notandola a Central Park con un elegante tailleur rosso, l’aveva immediatamente scelta come corrispondente da Roma per la prestigiosa rivista  “Harper’s Bazaar”, di cui era direttrice.

La Brin, grazie all’organizzazione di un’importante sfilata a Firenze, fece quindi conoscere la moda italiana all’estero, all’epoca in ombra rispetto a quella francese. Per quest’attività di promotrice del made in Italy riceverà il Cavalierato della Repubblica italiana nel 1955.

Irene collaborò a “Incom”, rotocalco politico illustrato corrispondente cartaceo di quello cinematografico. Con lo pseudonimo di Contessa Clara, fingendosi una nobile austroungarica, scriveva consigli di bon ton e di vita, aprendo la strada a quel tipo di giornalismo che proseguirà con Donna Letizia, Lina Sotis

Raccontava con ironia e intelligenza le cattive abitudini e suggeriva comportamenti rispettosi delle buone maniere con apparente leggerezza. Si era già guadagnata all’epoca gli onori della satira prima con un giovanissimo Alberto Sordi che interpretava il Conte Claro per una trasmissione radiofonica poi con le scenette dell’attrice Franca Valeri.

È curioso come utilizzi decine e decine di pseudonimi diversi. La versatilità nell’uso dei nomi corrisponde anche ad un atteggiamento camaleontico nei confronti del suo aspetto. L’amico Indro Montanelli nel suo libro “Gli incontri” a riguardo di Irene parla di un camaleontismo che “sembra non trovare confini in nessuna legge della natura”.

Si sposò con Gaspero del Corso, con cui ebbe un rapporto molto forte, nonostante l’omosessualità di lui, caratterizzato da forti interessi comuni.

Nel 1941 Irene Brin raggiunse il marito ufficiale in Jugoslavia durante la guerra balcanica. Grazie a  quest’esperienza scriverà “Olga a Belgrado”, una sorta di diario, dove narrò la sua esperienza e descrisse il disagio e l’incomunicabilità della guerra.

Nel 1946, Irene e Gaspero fondarono a Roma la galleria L’Obelisco di respiro internazionale, importante luogo di incontro e di scambio per artisti e intellettuali che divenne crogiolo per la carriera di molti artisti di fama.

Di ritorno da un viaggio di lavoro a Strasburgo, si fermerà a Sasso, frazione di Bordighera, nella casa di famiglia dove morirà nel 1969 per una malattia inguaribile

di Mariagrazia Bugnella