LA MUSICA CHE STUPISCE CON L’ORCHESTRA SINFONICA DI SANREMO – S. RACHMANINOV E A. DVORAK

Venerdì 3 maggio alle ore 18.00 sul palco del Teatro Centrale di Sanremo si è tenuto il concerto dell’Orchestra Sinfonica di Sanremo “Estro virtuosistico e ritmi popolari del folklore slavo” diretto dal M° David Greilsammer con la partecipazione del giovane pianista Estefan Iatcekiw dotato di grande talento.

L’inizio del concerto è stato dedicato al mondo della musica sinfonica contemporanea con la prima assoluta di “Sospeso fra i se” di Roberto Martinelli.

Il programma si è aperto con “La Rapsodia su un tema di Paganini” composta da Sergej Rachmaninov. Si tratta di una serie di 24 variazioni per pianoforte e orchestra su un tema tratto dal “Capriccio n. 24 in La minore per violino solo di Niccolò Paganini” scritta nell’estate del 1934 nella villa del compositore a Lucerna. Seppur il tema sia tratto da Paganini, la Rapsodia appare più un omaggio al pianismo di Liszt, l’autore degli Études d’exécution trascendent d’après Paganini. La sfida è simile: coniugare il virtuosismo strumentale con il rigore formale, ovvero il cimento della variazione sul tema dato. 

A misurarsi con questa opera di altissimo livello tecnico ed espressivo è stato il solista Estefan Iatcekiw. Il pianista ventenne di Curitiba, apprezzato per la sua tecnica particolare e per l’espressione e la brillantezza musicale, nonostante la sua giovane età si è guadagnato una grande reputazione in tutto il Brasile e nel mondo. Dal suo curriculum apprendiamo che si è esibito nelle maggiori sale da concerto nazionali ed internazionali, ha collaborato come solista con le maggiori orchestre sotto la direzione di rinomati direttori nazionali ed internazionali. Ha vinto il primo premio al IV Concorso Pianistico Internazionale Rachmaninov per giovani pianisti in Germania grazie alla migliore esecuzione dell’opera di S. Rachmaninov. Acclamato dal pubblico e dalla critica da cui è stato indicato come la grande rivelazione del panorama pianistico brasiliano.

Il programma della seconda parte del concerto ci ha riportati nella seconda metà del XIX secolo in un periodo caratterizzato dalla graduale crisi dell’impero asburgico e dal sorgere dei nazionalismi. In campo musicale questo si è trasformato in un rinnovato e più genuino interesse verso il patrimonio musicale popolare di alcune aree dell’impero, in particolare l’Ungheria, la Boemia e la Moravia. Nel 1869 l’editore Simrock pubblicò le Danze ungheresi per pianoforte a quattro mani di Johannes Brahms e il successo editoriale fu enorme. Pochi anni dopo Brahms segnalò a Simrock il promettente Antonin Dvorak, il quale scrisse nel 1878 otto “Danze slave per pianoforte a quattro mani” realizzandone anche la versione orchestrale. Per Dvorak si è trattato del momento di svolta della sua carriera: da compositore ammirato, ma conosciuto per lo più negli ambienti culturalmente elevati, diventò uno dei musicisti più noti d’Europa (e in seguito anche degli Stati Uniti d’America). 

Il tratto distintivo delle Danze slave, come di tutte le composizioni sinfoniche di Dvorak è la straordinaria vivacità delle “tinte” orchestrali, la cura meticolosa di ogni dettaglio della strumentazione, che cattura e incanta il pubblico.

di M. B.