CASINO’ DI SANREMO – OMAGGIO AL CENTENARIO DELLA SILLOGE “OSSI DI SEPPIA” DI EUGENIO MONTALE
Omaggio al Centenario della silloge” Ossi di Seppia” di Eugenio Montale al Casinò di Sanremo.
Prosegue nel Foyer di Porta Teatro al Casinò di Sanremo l’esposizione “Omaggio al Centenario della silloge Ossi di Seppia di Eugenio Montale” in collaborazione con il Comune e con il Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux nell’ambito della Settimana dedicata al “Nobel Days” di Sanremo.
Nelle bacheche si possono ammirare in originale le prime edizioni dell’importante silloge, le poesie autografe del poeta, l’attestazione del prestigioso conferimento del Premio Nobel, reperti provenienti dalla collezione del Gabinetto di Lettura Vieusseux gentilmente concesse dal presidente On. Riccardo Nencini, che lo scorso 14 ottobre ha tenuto la prolusione nel Martedì Letterario dedicato all’opera di Montale. L’incontro letterario ha visto la partecipazione del prof. Francesco De Nicola, presidente della Dante Alighieri ligure e del dott. Michele Rossi, Direttore dell’importante istituto culturale fiorentino.
“Questa mostra dedicata ad Eugenio Montale rappresenta un’occasione preziosa per avvicinarsi al cuore vivo della sua opera. Siamo particolarmente grati al Gabinetto Vieusseux, al Casinò e a quanti hanno reso possibile quest’esposizione, capace di restituire al pubblico la profondità, la modernità e l’inconfondibile voce di uno dei massimi poeti del Novecento.” Sottolinea l’assessore alla Cultura avv. Enza Dedali.
“Anche al Salone del Libro nel maggio scorso, quando il Casinò fu ospite nello stand della Regione Liguria dedicato ad Eugenio Montale, abbiamo ricordato il centenario della silloge: Ossi di Seppia e la visita di Eugenio Montale a Sanremo quando fu inserito negli “incontri con i poeti e narratori” che si svolsero dall’ottobre del 1946 al maggio 1947 nel nostro Teatro dell’Opera. Era un Montale affermato molto legato alla sua Liguria anche di Ponente. Un forte legame culturale ha sempre unito gli eventi letterari del Casinò con i grandi protagonisti della Cultura italiana e non solo dal 1932 ad oggi. In questa illustre tradizione si inserisce la celebrazione del centenario effettuata in collaborazione con il Gabinetto scientifico letterario Vieusseux, prestigioso archivio e polo culturale a cui siamo legati da un protocollo di collaborazione. Sinergia che ha permesso questa prestigiosa mostra dei volumi originali di Ossi di Seppia “Afferma il consigliere del Cda del Casinò dott. sa Sonia Balestra.
Omaggio Alla Silloge Ossi di Seppia -Introduzione alla Esposizione.
Nell’estate del 1920, esce – edito da Vallecchi – Trucioli di Camillo Sbarbaro, raccolta di poesie in prosa difficilmente riconducibile alle strutture letterarie riconosciute e concentrata sul nuovo malessere esistenziale, dimensione questa che colpisce il giovane Eugenio Montale tanto da essere il primo a recensire il volume nel novembre 1920 sulle pagine di «L’Azione». Sebben perseguendo strade diverse, i due scrittori liguri approdano – nei medesimi anni – a una poetica fatta di ‘materiali di risulta’, di frammenti che esprimono «a singhiozzo» (o lasciano intravedere) una verità insondabile più vasta, ossia quel mare sconosciuto e misterioso che è la Vita.
Il 19 dicembre 1922, Eugenio Montale scrive a Giacomo Debenedetti, studioso di letteratura e direttore della rivista «Primo Tempo», a cui sottopone due suoi componimenti – I limoni e L’Agave per lo scoglio – per averne un parere. Sono poesie che vanno costituendo la futura raccolta, che, in un primo momento, doveva intitolarsi Rottami.
È nell’estate del 1924 che Montale – tramite l’intercessione di amicizie comuni (Solmi e Lodovici) – consegna il suo manoscritto a Piero Gobetti. Inizia così la storia editoriale della silloge montaliana, che coinvolge – anche in questo caso – la figura di Giacomo Debenedetti. Il critico torinese, infatti, accompagna tutto l’iter redazionale dell’opera, facendo da vero e proprio intermediario tra l’ansioso Montale (autore alla sua prima opera) e lo sfuggente Piero Gobetti, sempre parco di parole. Il poeta ligure scrive a entrambi i suoi interlocutori lo stesso giorno e a pochi minuti di distanza: è attento a ogni correzione, spaventato dai «gravissimi errori» che continuano a essere presenti nelle bozze dei suoi Ossi di seppia (ormai il titolo è definitivo), e ridondante nella sua richiesta di 15 copie di lusso «di carta più buona e margini più larghi». Se Gobetti tace, Debenedetti risponde e guida Montale nella fase finale della pubblicazione del volume, che nasce il 15 giugno 1925.
L’uscita di Ossi di seppia viene accolta con pareri discordanti dai critici. Tra le prime recensioni, emergono quelle del letterato Emilio Cecchi, pubblicate in uno stretto arco temporale, una su «Il Secolo» e una su «Secolo XX»: sono entrambe favorevoli alla raccolta montaliana, come verrà più volte ricordato dallo stesso Montale nelle sue lettere a Giacomo Debenedetti.
Il rapporto infatti con il grande intellettuale torinese non solo non si interrompe con il «si stampi» dell’edizione Gobetti, ma continua con un vivo scambio epistolare contenente nuove poesie, tra cui possiamo trovare Arsenio e Carnevale di Gerti. Se quest’ultima trova posto nella raccolta Le Occasioni del 1939, Arsenio viene prima pubblicata su «Solaria» nel giugno del 1927 (e tradotta, nel 1928, in inglese da Mario Praz su «The Criterion» diretto da Eliot) per poi entrare ufficialmente nella seconda edizione degli Ossi uscita per i torchi di Ribet nel 1928. Montale è ormai a Firenze, frequenta l’ambiente della rivista «Solaria» e del Caffè «Giubbe Rosse», da lì a un anno diventerà direttore del Gabinetto Scientifico Letterario Giovan Pietro Vieusseux ed è proprio durante questo incarico che lui rivede e amplia il suo volumetto poetico, giungendo così, nel 1931, alla terza edizione, questa volta con l’editore Carabba, a cui seguiranno l’ultima revisione dell’autore confluita nel volume uscito per Einaudi nel 1942 e la prima edizione Mondadori del 1948.
Il 23 ottobre 1975 Eugenio Montale riceve una telefonata da parte dell’Accademia di Svezia: ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura. Sono passati esattamente cinquanta anni dalla sua prima raccolta, che nel frattempo è diventata uno dei libri più rappresentativi della nostra letteratura novecentesca. La sua voce è ancora viva, come lo stesso Montale fa percepire in un’intervista del 24 ottobre 1975: «La mia poesia non può essere intesa come un messaggio, ma come un invito alla speranza». Un’esortazione, quindi, a far sì che questi cento anni dall’uscita del volume e cinquanta dal Nobel non siano solo una ricorrenza, ma un nuovo sprone per il futuro.
La redazione





