“PONENTE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL” – QUINTO GIORNO

Barriere culturali, entroterra ed elefanti: quinto e penultimo giorno del “Ponente International Film Festival”

In programma, due lungometraggi, Zoo un amico da salvare e Un divano a Tunisi, e un corto, Geografie dell’Ubago. Ospiti le autrici Roberta Padovano ed Elena Vaccarino con Angela Denegri, neo sindaca di Borghetto D’Arroscia

Bordighera, 1 dicembre 2021. Entra nel vivo la sedicesima edizione del Ponente International Film Festival, dopo la digressione di ieri sul palmeto storico di Bordighera a cura del giornalista e ambientalista Giancarlo Pignatta che auspica il ripascimento della costa del Beodo e, in generale, una maggiore valorizzazione paesaggistica della città. Intanto, domani mattina, al cinema Olimpia si tornerà indietro nel tempo sotto i bombardamenti aerei della Belfast del 1941, per salvare un elefantino con Zoo, un amico da salvare; nel pomeriggio, allo Zeni, si proseguirà con un nuovo appuntamento dedicato all’entroterra, la proiezione del corto Geografie dell’Ubago alla presenza delle autrici Roberta Padovano ed Elena Vaccarino con Angela Denegri, neo sindaca di Borghetto D’Arroscia. Infine, la sera, ci si siederà sul lettino della psicanalista Selma in Un divano a Tunisi.

Giovedì 2 dicembre

Il film “Zoo, un amico da salvare” – programmato per il 2 dicembre, alle ore 10.30 al cinema Olimpia, per cause di forza maggiore non verrà proiettato.

Il Festival proseguirà al Cinema Zeni, alle 18,10, per «Un corto al giorno… Cinema e Liguria», verrà proiettato Geografie dell’Ubago (Italia 2020, 21’), alla presenza delle autrici Roberta Padovano ed Elena Vaccarino con Angela Denegri, neo sindaca di Borghetto D’Arroscia: una miscela di storia e poesia che rende omaggio a un territorio sconosciuto ai più nell’entroterra di Imperia, immersi in un ambiente generoso quanto aspro, soffuso da un alone di mistero malinconico. A seguire alle 21, per «I film del Mediterraneo», si sorriderà delle avventure, disavventure ed esperienze professionali di Selma, psicanalista trentacinquenne che, nell’irresistibile commedia Un divano a Tunisi (Tunisia/Francia 2019, 87’), lascia Parigi per aprire uno studio nella periferia di Tunisi, la città dove è cresciuta. Si troverà però a dover confrontarsi con le barriere culturali di una comunità che si dimostra scettica verso la medicina ufficiale e preferisce confessarsi e parlare di sé nelle vasche dell’Hammam o sotto al casco del parrucchiere. Per non parlare della diffidenza generale, dell’ amministrazione indolente e di un poliziotto troppo zelante che la boicotta.

Geografie dell’Ubago

Regia: Roberta Padovano, Elena Vaccarino

Contributo: Mary Nicotra

Narratore: Pierino Denegri

Voce fuori campo: Roberta Padovano

Montaggio: Alberto Ruffino

Musica: Daniela Portonero

Produzione: Italia, 2020 (Mary Nicotra – Roberta Padovano)

Durata: 21’

Genere: documentario

Una miscela di storia e poesia, paesaggio e luogo dell’anima. Geografie dell’Ubago di Roberta Padovano e Elena Vaccarino, rende omaggio a un territorio sconosciuto ai più con amore e rispetto, che lo spettatore percepisce anche ascoltando la raffinata selezione di testi dei liguri Massimo Quaini e Italo Calvino. Perché è proprio in Liguria che ci troviamo, per la precisione nell’entroterra di Imperia, immersi in un ambiente generoso quanto aspro, soffuso da un alone di mistero malinconico.  Il film è stato selezionato per il festival «Ethnografilm» che si terrà dal 19 al 23 aprile 2022 a Parigi. Frazione del Comune di Borghetto d’Arroscia, Ubaghetta è uno dei tanti paesi che si sono progressivamente spopolati, fino a rimanere con un pugno di abitanti. Uno di questi è Pierino Denegri, memoria storica del territorio, che con le sue parole accompagna lo spettatore in un viaggio a ritroso nel tempo, a cominciare dal nome. Ubages, in dialetto, significa umido, terra d’ombra, spiega Denegri, da qui il nome Ubaga, paese confinante. Ubaghetta invece deve probabilmente il suo nome, ingentilito dal vezzeggiativo, alla sua migliore esposizione al sole.  Denegri accompagna le autrici attraverso epoche e accadimenti, dall’economia rurale contadina di un tempo con i suoi attrezzi e le sue usanze, ai sacerdoti che volevano essere assegnati a Ubaghetta «perché facevano la vita da signori», vale a dire mangiavano regolarmente e non sempre castagne (storicamente alimento base dei liguri di montagna). Non mancano le storie sulla Resistenza e i partigiani che durante la guerra di Liberazione fecero base a Ubaghetta al comando di Fra’ Diavolo (Luigi Fiori, ndr), racconti che coinvolgono direttamente i genitori di Denegri, che alloggiavano partigiani e scamparono al rastrellamento che i tedeschi fecero in paese nel gennaio del 1945.  Come non mancano i riferimenti alle basùre, che Denegri stesso definisce «le cugine delle streghe di Triora, un po’ più giocherellone, un po’ più mattacchione». Urtà, una piccola valle con un sentiero che unisce Ubaga e Ubaghetta, con tre grandi querce disposte a triangolo (purtroppo abbattute negli anni ’50), era il luogo in cui, ogni plenilunio, leggenda narra si riunissero le basùre, che sotto la forma di caprette bianche si divertivano a spaventare chi passava di là nella notte proibita.

Un divano a Tunisi

Titolo originale: Un divan a Tunis

Titolo internazionale: Arab Blues

Regia: Manele Labidi Labbé

Cast: Golfishte Farahani, Majid Mastoura Mastoura, Aisha Ben Miled, Hichem Jacoubi

Produzione: Tunisia, Francia, 2019

Genere: commedia

Durata: 87’

Selma Derwich, trentacinquenne di origine tunisina, forte e indipendente, è cresciuta insieme al padre a Parigi, dove si è laureata in psicoanalisi. Pronta ad iniziare la professione, decide di dare una svolta alla sua vita e tornare a Tunisi. Ma presto si rende conto di essere stata troppo ottimista e che i suoi connazionali, seppur reduci dalla Primavera Araba, non sono ancora pronti per sdraiarsi sul lettino di una psicanalista donna. Selma deve scontrarsi con una diffidenza che coinvolge persino i parenti, con un’amministrazione indolente e un poliziotto troppo zelante che la boicotta. In una città in cui la gente si confessa nelle vasche dell’hammam o sotto il casco del parrucchiere, si ritrova ad avere a che fare con una pittoresca schiera di eccentrici pazienti, toccando con mano pregiudizi, caos e barriere culturali che non aveva considerato. Francese di origine tunisina, proprio come Selma, la regista Manele Labidi ricerca le sue radici attraverso l’epopea di questa eroina scapigliata in bilico tra due culture, in un Paese in mutazione evolutiva ma ancora legato alle vecchie tradizioni. E lo fa scegliendo il sorriso, conscia del potenziale comico della situazione: la dimensione surreale in cui una società schizofrenica rifiuta per pregiudizio l’aiuto psicologico. E infatti la comicità affiora a ogni seduta, a mano a mano che si dipinge una galleria di ritratti irresistibili di pazienti improbabili. Sul suo divano – nello studio aperto impulsivamente e senza troppa attenzione ai permessi necessari sulla terrazza della mansarda di famiglia – si alternano, tra gli altri, l’imàm depresso che ha perso la fede e la moglie, esuberante proprietaria di un salone di bellezza che vive un rapporto conflittuale con la madre, il paranoico in crisi di identità sessuale che sogna presidenti e dittatori, l’adolescente ribelle pronta a tutto pur di lasciare la Tunisia, il poliziotto reazionario e persecutorio. Ognuno di loro desidera un posto al sole e su quel lettino, diventato ambito, obbiettivo di una lunga fila di varia umanità, teatro di eccessi comici ma anche di momenti malinconici e interrogativi esistenziali. Perché contro la legge del silenzio, Selma ascolta i malesseri di una società intera, combattuta tra le tradizioni religiose e la necessità di parlare per ricostruirsi.

Ospiti le due registe di Geografie dell’Ubago: Roberta Padovano, gestalt counselor, attivista per i diritti umani. Quando incontra storie interessanti sente il bisogno di raccontarle. Ha realizzato insieme a Mary Nicotra Tdor a Torino (Italy, 2008), VisibiLes (2004), Do it (Italy, 1989). Elena Vaccarino, giornalista, ha realizzato Vaniglia&Cioccolato: testimonianza di imprenditrici straniere (2012).

Ingresso gratuito con green pass obbligatorio.

La redazione