SANREMO FESTA DELLA CITTA’ – SANREMO COMICS

SABATO 3 SETTEMBRE  “FESTA DELLA CITTA”


Per la “Festa della Città” apertura straordinaria

delle mostre di “Sanremo Comics”

 

Apertura eccezionale per le mostre di “Sanremo Comics”.

 

In occasione della “Festa della Città”, sabato 3 settembre sarà possibile ammirare le sette mostre allestite al Palafiori dalle 16 alle 23 (ingresso libero).

 

Sarà quindi possibile prolungare il suggestivo viaggio tra le tavole di Diabolik, Bruno Bozzetto, Giorgio Cavazzano, Scozzari Says, Jordi Bernet, Karel Thole, il fumetto in 3 D e i top 100 che hanno fatto la storia dell’editoria in Italia, dal Corriere dei Piccoli all’Uomo Ragno.

 

Le mostre

 

È molto difficile delineare un quadro anche solo approssimativo della ricchezza strabiliante di storie, immagini, icone, stili grafici e suggestioni che il fumetto ha saputo produrre in oltre un secolo di storia. Tuttavia la manifestazione Sanremo Art & Comics, che quest’anno celebra la sua prima edizione, almeno un’idea vuol provare a fornirla, e per farlo ha messo in campo la passione e la competenza di alcuni professionisti fra i più apprezzati nei rispettivi settori lavorativi.

Una passione e una competenza che si sono tradotte innanzi tutto nell’allestimento, per la cura di Sergio Pignatone e del direttore artistico Giuseppe Pollicelli, di sette grandi mostre espositive, ognuna delle quali mira a illustrare nel modo più esauriente possibile uno dei tanti tasselli dell’immenso mosaico costituito dal fumetto, una delle forme di espressione che più hanno inciso nella storia intellettuale e sociale contemporanea ma la cui rilevanza culturale – malgrado gli indiscutibili passi avanti compiuti di recente – non è ancora stata pienamente compresa e riconosciuta. A questo processo di legittimazione Sanremo Art & Comics vuole dare il suo contributo, e il principale strumento con cui intende portare avanti tale operazione sono proprio queste sette ampie retrospettive che si concentrano ciascuna su un differente aspetto dell’arte fumettistica.

Da Diabolik a DK

L’evoluzione grafica del personaggio dalle origini alla nascita del suo “altro”

Organizzata dalla casa editrice Astorina, documenta le mutazioni di Diabolik

attraverso l’esposizione di tavole originali e numerose riproduzioni a colori.

 

Di questo personaggio si può ben dire che non ha bisogno di presentazioni. È una frase fatta, certo, ma di rado è apparsa più appropriata. Lui è Diabolik, il malvivente in calzamaglia nera la cui icona è forse la più potente e riconoscibile tra quelle partorite dal fumetto italiano. Per tacere del suo nome, tanto celebre da essere divenuto un sostantivo che i mezzi di comunicazione utilizzano spesso per riferirsi a un ladro.

Creato nel 1962 dalle sorelle milanesi Angela e Luciana Giussani, Diabolik è da oltre cinquant’anni, soprattutto grazie al suo collezionatissimo inedito mensile dal formato tascabile, un intramontabile successo editoriale, costantemente fedele a se stesso eppure capace di aggiornarsi e di captare le nuove aspettative del pubblico.

Il parco di autori che si sono succeduti nella realizzazione delle storie di Diabolik è ampio ed estremamente prestigioso, e se fra gli sceneggiatori che hanno affiancato le sorelle Giussani, raccogliendone poi il testimone, figurano nomi come quelli di Mario Gomboli (anche direttore editoriale della casa editrice Astorina), Patricia Martinelli e Tito Faraci, lo staff dei disegnatori annovera veterani tuttora attivissimi come Enzo Facciolo, Sergio Zaniboni e Angelo Maria Ricci, e autori più giovani che però sono già da tempo firme importanti e riconosciute, da Giuseppe Palumbo a Giuseppe Di Bernardo, da Paolo Zaniboni (figlio di Sergio) a Matteo Buffagni, quest’ultimo da alcuni anni apprezzato copertinista della serie inedita.

A riprova dell’attenzione riservata al mutare delle tendenze e dei gusti dei lettori, la casa editrice Astorina ha di recente lanciato in edicola una miniserie di quattro numeri a colori (di 72 pagine ciascuno e dal formato più grande rispetto a quello consueto di Diabolik) il cui protagonista è DK, una versione alternativa del Re del Terrore caratterizzata dallo stravolgimento dei ruoli dei principali personaggi della saga (a cominciare da Eva Kant), dalla modernità dei disegni e da sceneggiature serratissime e dinamiche. Anche in questo caso, un valore aggiunto è rappresentato dalle sontuose copertine di Buffagni, nella circostanza felicemente cimentatosi con una suggestiva tecnica “pittorica”.

 

Bruno Bozzetto. West and Soda

La celebrazione, a mezzo secolo dalla sua uscita, di un capolavoro del cinema d’animazione, l’arte che intrattiene i più stretti rapporti di parentela con il fumetto.

Nato a Milano nel 1938, Bruno Bozzetto dimostra precocemente una grande passione per il disegno e per il cinema, la qual cosa lo porta fatalmente a interessarsi al cinema d’animazione. Dopo avere realizzato a soli vent’anni il suo primo cortometraggio, nel 1960 fonda la Bruno Bozzetto Film e da quel momento la sua attività si dipana su due binari distinti e complementari, quello della pubblicità televisiva e quello dei film a soggetto, con la prima che sovente crea le condizioni economiche per finanziare i secondi. È nel 1965 che Bozzetto, imponendosi in questo modo come uno dei più grandi autori europei di cinema d’animazione, realizza dopo averci lavorato per tre anni il suo primo lungometraggio, West and Soda, da molti critici considerato il capolavoro assoluto del cinema animato italiano. A mezzo secolo (e qualcosa di più) dalla sua realizzazione, questo straordinario film non ha perduto un briciolo della sua freschezza e, anzi, è oggi più agevole di un tempo rendersi conto della sua eccezionalità, che consiste anche nell’avere precorso temi e soluzioni che si sarebbero rivisti in tante produzioni successive, quasi sempre straniere. La storia della dolce Clementina, che cerca in ogni modo di respingere le avances di un bruto chiamato Cattivissimo e che sarà salvata da un cavaliere solitario di nome Johnny, oltre ad anticipare lo spaghetti-western «non somiglia a nulla che si fosse visto in precedenza (non solo in Italia), non avrà alcun epigono e stupisce con i suoi continui spiazzamenti e cambiamenti di registro e di ritmo», per citare le parole dello storico del cinema Paolo Mereghetti. Il quale prosegue: «È contemporaneamente parodia, citazione, omaggio e rilettura con squarci surreali del western più classico: Bozzetto intuisce l’imminente crepuscolo del genere e lo infetta con trovate bizzarre rendendo comunque omaggio ai suoi maestri: Walt Disney, i cartoon Warner, i giochi astratti di Norman McLaren e le sperimentazioni dello Studio Zagreb».

 

Giorgio Cavazzano, una vita tra i paperi

Una ricca personale dedicata al più importante disegnatore Disney vivente.

Gli autori più grandi, specialmente nell’ambito delle arti visuali, sono quelli che riescono a creare, per mezzo delle proprie opere, un canone stilistico che li renda immediatamente riconoscibili, facendo di loro dei punti di riferimento per tanti altri disegnatori. Per comprendere la straordinarietà di Giorgio Cavazzano, nato a Venezia nel 1947, sarà utile riflettere sul fatto che a lui questa difficilissima operazione è riuscita cimentandosi con un universo dalle regole già in gran parte prefissate e, almeno fino al suo avvento, anche abbastanza rigide: il microcosmo del fumetto disneyano. Come ha ben notato il critico Enrico Fornaroli, Cavazzano ha portato a compimento «un difficile innesto fra la tradizione del cartooning statunitense, tutta giocata sulla simulazione deformata dell’umanità in un universo animale, e la grande scuola franco-belga che predilige la deformazione parodica del reale». Dopo avere a lungo inchiostrato le tavole di Romano Scarpa, che può essere considerato il suo maestro, Cavazzano ha iniziato a disegnare in proprio – a partire dalla fine degli anni Sessanta e su testi di alcuni tra i migliori sceneggiatori italiani – un gran numero di episodi con protagonisti i personaggi della Disney. Immettendo nel mondo di questi ultimi le influenze grafiche di fondamentali artisti del fumetto come Moebius e Sergio Toppi, ma soprattutto l’esplosività e la forza cinetica del creatore grafico di Asterix, il formidabile Albert Uderzo, Cavazzano ha saputo diventare un modello pressoché imprescindibile per tutti coloro che, dopo di lui, hanno scelto di misurarsi con i caratteri disneyani e in particolar modo con i paperi.

 

Scòzzari Says

Una retrospettiva su Filippo Scòzzari, tra i fondatori di riviste epocali come

“Frigidaire” e protagonista assoluto degli ultimi quarant’anni di fumetto italiano.

Alla fine degli anni Settanta, per quella che, col senno di poi, assomiglia a una magica congiuntura astrale, è accaduto che alcune delle migliori intelligenze e dei più grandi talenti artistici d’Italia si siano incontrati e abbiano deciso di collaborare. Ne è scaturita, con la nascita di riviste come “Cannibale” e “Frigidaire”, un’eclatante rivoluzione non soltanto nel mondo del fumetto ma in generale nell’ambito delle arti visive. I protagonisti di questa esperienza senza precedenti furono Stefano Tamburini, Massimo Mattioli, Andrea Pazienza, Tanino Liberatore e Filippo Scòzzari.

Nato a Bologna nel 1946, Scòzzari va annoverato tra le maggiori personalità espresse dal fumetto italiano contemporaneo non soltanto per la sua abilità grafica – che gli ha permesso di definire uno stile in cui coabitano la rapidità di esecuzione del vignettista satirico, l’imprevedibilità grafica del fumetto underground e un gusto sfrenatamente pop rilevabile soprattutto nelle opere realizzate a colori – ma in ragione di testi caratterizzati da un uso virtuosistico della lingua italiana, magistralmente adoperata per sortire effetti per lo più di caustica comicità. Tra le opere a fumetti più note di Scòzzari si ricordano l’irriverente ciclo di Suor Dentona, l’adattamento del romanzo “La Dalia Azzurra” di Raymond Chandler e un gran numero di storie senza personaggio fisso ascrivibili a differenti generi letterari, dalla fantascienza all’erotico. Numerosi sono anche i libri in prosa da lui firmati, tra i quali spicca “Prima pagare poi ricordare”, magnifica rievocazione degli anni – contraddittori e indimenticabili – in cui si formò e operò il gruppo di “Cannibale” e “Frigidaire”.

 

Jordi Bernet. Chiara, Torpedo & Co.

Organizzata in collaborazione con Stefano Bartolomei, un’articolata rassegna

di tavole originali di un riconosciuto maestro del fumetto internazionale.

Diretto erede della più rinomata scuola del bianco e nero a fumetti statunitense, quella che annovera artisti del calibro di Milton Caniff, Frank Robbins, Alex Toth e Joe Kubert, lo spagnolo Jordi Bernet è autore dalla notorietà internazionale che in Italia ha avuto la possibilità di confrontarsi nientemeno che con Tex Willer. Esattamente vent’anni or sono, nel 1996, è infatti uscito un albo speciale del leggendario ranger bonelliano contenente una lunga storia scritta da Claudio Nizzi in cui Bernet ha fornito l’ennesima conferma della sua incredibile poliedricità. Con il suo segno scattante, dinamico e nervoso, e le sue esemplari inchiostrazioni, Bernet ha effettivamente saltabeccato con clamorosa disinvoltura, nell’arco della sua carriera, tra un genere e l’altro, spaziando dal thriller all’erotico, dal fantasy al poliziesco, dall’umoristico al già citato western. Particolarmente versato nel tratteggiare la figura femminile, Bernet ha disseminato le sue tavole di flessuose e seducenti fanciulle che in taluni casi hanno svolto il ruolo di comprimarie (come in “Torpedo 1936” e in “Kraken”) e in numerosi altri quello di coprotagoniste o di protagoniste a pieno titolo (“Sarvan”, “Light & Bold”, “Chiara di notte”). «L’erotismo di Bernet non è mai quello morboso di stampo classico, tipico della tradizione erotica», ha scritto Gianni Brunoro, «bensì un erotismo sempre ilare, fortemente piccante ma nella prospettiva del suo rapporto con situazioni dal registro ampiamente grottesco: storie, cioè, in cui il sesso svolge una funzione di detonatore per i fatti che poi avvengono».

 

Karel Thole. Creatore di universi

Un’antologica del più grande illustratore fantastico di sempre.

Magari non sono rari quelli a cui, in Italia, il nome di Karel Thole dice poco, ma è davvero improbabile che costoro non si siano mai imbattuti in qualcuna delle strepitose illustrazioni di questo autentico gigante del disegno, e che pertanto la loro fantasia non ne sia stata in qualche modo influenzata. Nato a Bussum, in Olanda, nel 1914, Thole ha lasciato il suo segno indelebile soprattutto in qualità di copertinista (a partire dal 1959) della collana di romanzi di fantascienza “Urania”, pubblicata dalla Arnoldo Mondadori Editore. Come ha scritto l’esperto Ferruccio Giromini, «l’eclettismo tecnico di Thole ha dello stupefacente: nei sessant’anni di lavoro pieno che ha consacrato all’illustrazione editoriale eccolo svariare dalla matita al carboncino, dai neri di china ai grigi di gomma arabica, da qualche incisione su lastra alle acrobazie dello scraper board (la difficile tecnica di graffiar via segni bianchi da cartoncini preventivamente ricoperti di una patina nera: un metodo in cui pochi possono permettersi di eccellere), per finire con la più tarda policromia delle tempere italiane». Paragonato a Hieronymus Bosch in conseguenza del suo stile al contempo onirico, gotico e metafisico, Thole (che è morto a Cannobio, in Piemonte, nel 2000, essendosi nel frattempo stabilito in Italia) ha rappresentato con il suo lavoro un vero e proprio spartiacque: l’iconografia e i paesaggi del fantastico hanno conosciuto, grazie a lui, una nuova stagione da cui non sono più tornati indietro e mai lo faranno.

 

Il fumetto in 3D

Le miniature d’autore di Davide Fogliadini

Le straordinarie sculture che Davide Fogliadini realizza ispirandosi al mondo

dei comics permettono di ammirare un personaggio dei fumetti da ogni angolazione,

scorgendone quei dettagli che spesso, nelle tavole disegnate, rimangono nascosti.

 

Tante volte si è sottolineato come il cinema (compreso quello d’animazione, che con i comics intrattiene una stretta parentela) goda, rispetto al fumetto, di due grandi vantaggi che si chiamano suono e movimento. Neppure gli esempi più sofisticati di computer grafica, però, possono produrre la tridimensionalità. Per ottenere quest’ultima c’è bisogno della sapienza manuale degli scultori, categoria di artisti a cui appartiene Davide Fogliadini, il quale realizza appunto delle pregevoli sculture che spesso ritraggono alcuni tra i più famosi personaggi dei fumetti, con il magico risultato di dare tangibile concretezza a dei miti di carta che, in quanto tali, si sono sempre dovuti accontentare di due sole dimensioni. Assemblando con perizia materiali eterogenei e sovente imprevedibili (dal polistirene ai tubi in cartone, dallo scotch alla carta assorbente, dalla colla vinilica alla resina epossidica), e facendo un sapiente utilizzo dell’aerografo, Fogliadini materializza un sogno che tutti gli appassionati di fumetti hanno fatto almeno una volta nella vita, quello di poter ammirare i personaggi preferiti nella completezza e nella pienezza dei loro volumi, scrutandone tutti i particolari della figura. Che si tratti di eroi dalle fattezze realistiche o di animali antropomorfi come quelli disneyani, i character fumettistici evidenziano al meglio – se osservati nel plastico splendore delle tre dimensioni – anche il loro spessore narrativo, la statura “romanzesca” che ne ha decretato il successo.

 

Top 100

I cento pezzi più ricercati dai collezionisti italiani di fumetti

La mostra documenta un’importante realtà dell’universo fumettistico,

quella del collezionismo, presentando in ordine cronologico

i 100 fumetti da collezione che hanno fatto la storia dell’editoria in Italia.

Raccogliere e catalogare oggetti (francobolli, automobili, film, figurine e ovviamente fumetti) è in fondo un modo per dare un senso alla vita. Non è infrequente, anzi, che la ricerca di un pezzo mancante divenga addirittura lo scopo primario nell’esistenza di un collezionista. E una volta raggiunto l’obiettivo, è facile, se non sicuro, che il collezionista se ne creerà subito uno nuovo, perché troppo eccitante è il ricercare un oggetto raro (e in quanto tale concupito da altri) e troppo gratificante è l’esperienza di trovarlo e farlo proprio. Ma l’attività collezionistica non si riduce al puro piacere privato del possesso e della contemplazione: essa ha in realtà un’enorme utilità pubblica e sociale, perché è solo grazie alle raccolte e alle catalogazioni portate avanti da tanti collezionisti che l’umanità può tuttora accedere a opere e oggetti che sono testimonianza e documento di epoche passate e che, senza i collezionisti, risulterebbero appunto irrimediabilmente perduti. Il collezionismo di fumetti ha tutte queste peculiarità e a esse aggiunge l’ulteriore piacere della lettura: nella maggior parte dei casi, infatti, a essere bello e interessante non è solo il contenitore, l’involucro, ma anche il contenuto. È il caso dei cento pezzi più rari del collezionismo a fumetti, nei quali figurano personaggi e vicende memorabili, divenuti in taluni casi dei cardini dell’immaginario collettivo nazionale: si va da Tex al Signor Bonaventura, da Topolino a Dylan Dog, da Corto Maltese a Diabolik. Veri e proprio gioielli dell’editoria e della creatività italiane che possono benissimo riuscire nell’impresa di far appassionare al collezionismo anche chi, finora, non ne sia stato sedotto.